4. Uno sviluppo romantico

Iwata:

Se pensate ai giochi che avete realizzato, vi sembra di aver sempre raggiunto l’obiettivo che vi eravate proposti? La gente pensa che i giochi da voi creati, “The Last Story” e “Xenoblade Chronicles”, siano fondamentalmente diversi dai tipici titoli di Nintendo realizzati da Miyamoto-san e colleghi. A cosa pensavate durante il processo di sviluppo di quei giochi, visto che dovevate lavorare a stretto contatto con Nintendo? Vorrei rivolgere queste due domande a entrambi. Iniziamo da lei, Takahashi-san?

Takahashi:

Va bene. Beh, per quanto riguarda lo sviluppo dei giochi per le console Nintendo, all’inizio Hatano-san, direttore del reparto marketing e dirigente di Monolith, disse che avremmo dovuto produrre i giochi seguendo il nostro stile unico, e che avremmo dovuto privilegiare l’approccio romantico. Sulle prime non capii cosa intendesse dire.

Sakaguchi:

Ah, sì. Hatano-san disse la stessa cosa anche a me.

Iwata:

Vi interrompo un attimo: vorrei chiarire che Hatano-san è il responsabile delle vendite e del settore marketing a livello nazionale, e al contempo dirige il reparto licenze, che gestisce i rapporti con i produttori di software. Questo significa che riceve molte proposte da aziende esterne. Ecco perché il reparto marketing è stato il primo punto di contatto per lei, Sakaguchi-san, e Monolith Soft. Una volta che inizia il processo di sviluppo, invece, il referente principale diventa il reparto Pianificazione e Sviluppo Software, guidato da Hitoshi Yamagami. Hatano-san mi ha detto di aver suggerito a entrambi questo concetto chiave: sviluppare i giochi con un approccio romantico.

Takahashi:

Xenoblade Chronicles è nato proprio dall’esplorazione del romanticismo in un contesto videoludico. Nintendo non ci lasciò completamente carta bianca, ma ci chiese di fare quello che ci riusciva meglio. Questo fu un gran sollievo.

Iwata:

Su questo siamo sempre stati irremovibili. Come ho spesso detto a Hatano-san e Yamagami-san, è fondamentale permettere ai team di sviluppo di sfruttare i loro punti di forza. Questo concetto iniziale non è mai cambiato: volevamo un gioco che consentisse a Takahashi-san e Sakaguchi-san di lasciare un’impronta personale. Ma Hatano-san vi presentò una sorta di indovinello, parlandovi di un approccio romantico. Voleva che arrivaste alla soluzione da soli. Io penso che Hatano-san volesse vedere un titolo con una storia e un mondo di gioco in grado di trasmettere delle emozioni, di divenire fonte d’ispirazione per i giocatori. Il messaggio di Nintendo era: sfruttate i vostri punti di forza e usate tutte le vostre capacità per raggiungere quell’obiettivo.

Takahashi:

Durante le prime fasi dello sviluppo, quando dovevamo decidere le caratteristiche del mondo di gioco, abbiamo discusso sul fatto che forse sarebbe stato meglio includere elementi in stile Nintendo, visto che il titolo sarebbe stato pubblicato proprio da quella azienda. Eravamo alla ricerca del modo migliore per aumentare la qualità del gioco e, come può immaginare, all’inizio abbiamo trovato alcune difficoltà.

Iwata:

Sì, nei primi tempi vi abbiamo dato un bel po’ di preoccupazioni, e non vi abbiamo fornito l’appoggio di cui avevate bisogno. Spesso i nuovi sviluppatori danno troppa importanza agli aspetti tipici dello stile Nintendo e non riescono a far emergere i veri punti di forza del loro team. Durante la collaborazione con Monolith Soft, però, credo che finalmente, dopo vari momenti di confronto, siamo riusciti a stabilire un ottimo metodo di lavoro. Lo stesso è avvenuto con lei, Sakaguchi-san. Rispetto ai giorni di ASH11, il senso di distanza tra le due parti era completamente diverso. 11ASH: Archaic Sealed Heat è un RPG pubblicato in Giappone nell’ottobre 2007 per Nintendo DS. Hironobu Sakaguchi è stato produttore esecutivo del progetto.

Iwata Asks
Sakaguchi:

È vero. C’era una differenza enorme.

Takahashi:

Nintendo e Mario Club rappresentano il consumatore finale, e noi cerchiamo di soddisfarli entrambi. In quel caso siamo finalmente arrivati a un metodo di sviluppo davvero efficiente.

Iwata:

Per riprendere il concetto chiave di empatia, esaminato prima, si può dire che abbiate creato quei titoli in modo che i giocatori che entravano in empatia con essi potessero ampliare gradualmente la loro portata. Molti credono che ampliare la portata di un gioco significhi indebolirlo, ma io non sono d’accordo. Nintendo ha cercato di mostrare la sua tenacia, come ha fatto lei, Takahashi-san, durante il periodo di sviluppo del gioco, e credo che tale determinazione da entrambe le parti sia stata la nostra forza motrice.

Takahashi:

Sì, era come se Nintendo ci avesse bloccato ogni via di fuga... (ride) Credo che una caratteristica che abbiamo sia certamente la capacità di giudicare le cose dalla prospettiva del creatore del gioco, e questo talvolta produce un atteggiamento del tipo: “È l’unico modo in cui possiamo farlo, non c’è altra soluzione”. Ma stavolta non è stato così. È fondamentale vedere le cose anche dalla prospettiva del giocatore, e Nintendo ci ha aiutato a farlo. Il nostro compito era rimboccarsi le maniche e cercare di risolvere ogni problema calandosi nei panni dei giocatori.

Iwata Asks
Iwata:

Il lavoro di Nintendo era proprio assicurarsi che non aveste vie di fuga. Ora che lo sviluppo del gioco è terminato, è felice di aver seguito questo approccio?

Takahashi:

Beh, ne siamo tutti molto felici, anche se non è stato per niente facile. Ciò che mi colpisce sempre molto è il feedback positivo che ricevo costantemente da amici e parenti che provano il gioco. Credo proprio che Nintendo ci abbia messo sulla strada giusta, e sono davvero lieto di aver usato questo metodo di lavoro. Sakaguchi-san, alla presentazione di The Last Story hai detto che la fase di debugging è durata nove mesi. Ma credo che il team di persone che hanno lavorato al debugging di Xenoblade Chronicles sia stato molto più consistente del tuo! (ride)

Sakaguchi:

Wow!

Iwata:

Beh, il numero delle combinazioni di missioni e oggetti implicava un volume di contenuti enorme. Ma credo che i giocatori riusciranno senz’altro a vedere quanto impegno ci avete messo.

Sakaguchi:

Avevi previsto fin dall’inizio un volume di dati così ingente?

Takahashi:

Beh, ne avevo come il sentore...

Sakaguchi:

Capisco. Dunque il gioco aveva fin dall’inizio una struttura abbastanza precisa. Ma alla fine sei riuscito a includere tutto ciò che volevi, vero?

Takahashi:

Sì. Abbiamo continuato ad aggiungere caratteristiche, anche importanti, fino alla fine.

Sakaguchi:

Accidenti... Beh, ora che anche il mio gioco è terminato, posso riderci su! Fino a poco tempo fa, però, sentir parlare di queste cose mi avrebbe innervosito molto. (ride)

Iwata Asks
Iwata:

Grazie al vostro impegno la soddisfazione dei giocatori è aumentata enormemente, dunque credo che ne sia valsa la pena.