3. Dare alle eroine il taglio giusto

Iwata:

Una cosa che ricordo chiaramente della nostra conversazione su Spirit Camera è il fatto che lo staff di Nintendo che ha lavorato alla veste grafica della confezione del gioco è rimasto molto colpito dal livello di precisione dei dettagli forniti da Tecmo Koei Games sulle immagini delle protagoniste femminili. Da allora tendo ad associare la serie Project Zero a bellissime eroine.

Kikuchi:

Capisco! (ride)

Iwata:

Vorrei quindi cogliere l’occasione per chiedere a Shibata-san come vi siete mossi per dare alle eroine il taglio giusto e per quale ragione le belle fanciulle siano particolarmente adatte alle ambientazioni horror.

Shibata:

Ma certo! (ride) Beh, per prima cosa chiarirò per quale motivo abbiamo scelto dei personaggi femminili come protagonisti di questo gioco. Nella precedente intervista Kikuchi ha spiegato come innanzitutto fosse necessario definire l’aspetto della protagonista, in modo che i giocatori potessero condividerne le paure attraverso le espressioni del viso.

Iwata Asks
Iwata:

E la naturale conseguenza fu scegliere una giovane donna dotata di una sorta di sesto senso, una sensibilità particolare per il mondo del soprannaturale.

Shibata:

Sì, è vero. Per la maggior parte del tempo non appaiono fantasmi, dunque i giocatori guardano principalmente la ragazza.

Iwata:

Quindi nel gioco si osserva principalmente l’immagine di una giovane donna spaventata. In altri giochi, invece, si trascorre tutto il tempo a guardare un tipo baffuto che indossa una salopette e saltella in lungo e in largo. (ride)

Tutti:

(ridono)

Shibata:

Il movimento che si vede al centro dello schermo è, di base, sempre quello del personaggio principale che cammina con trepidazione e che reagisce a ciò che vede con un misto di shock e paura. Abbiamo cercato di realizzare un design idealistico, in modo da renderlo il più denso di emozioni possibile, e questo ci ha portato alla creazione di una giovane donna. In più, il suo aspetto fragile dovrebbe far capire chiaramente al pubblico che in questo gioco i nemici non possono essere sconfitti semplicemente con un paio di colpi ben assestati.

Iwata:

Quindi usate sempre protagoniste femminili perché sono più funzionali all’effetto che desiderate ottenere. E io che pensavo che fosse semplicemente perché ai membri del team piacevano quelle immagini... Ma in effetti le vostre spiegazioni chiariscono bene i motivi delle vostre scelte.

Shibata:

Beh, non ci saremmo impegnati così a fondo se le immagini delle ragazze non ci fossero piaciute... non c’è bisogno di dirlo! (ride)

Iwata:

Lo sapevo! (ride) Beh, sembra proprio che siate riusciti a combinare in modo efficace il vostro gusto personale con numerosi vantaggi a livello pratico. Il nostro staff di Nintendo è rimasto straordinariamente colpito dalla vostra specificità in merito.

Kikuchi:

Io credo che la scelta di usare protagoniste femminili nella serie Project Zero sia nata, in modo piuttosto naturale, da una combinazione di tre fattori. Prima di tutto vi è il fatto che il loro aspetto fisico e le sensazioni che trasmettono ai giocatori sono particolarmente efficaci in questo contesto; in secondo luogo, sono personaggi che funzionano bene in un gioco in cui il sistema di combattimento è basato sull’uso di una macchina fotografica; infine, risultano molto gradevoli all’occhio.

Iwata:

Capisco.

Kikuchi:

Un tema molto importante in Project Zero 2 è la simmetria data dal fatto che

Video: le protagoniste sono due gemelle

Una cosa che ricordo chiaramente della nostra conversazione su Spirit Camera è il fatto che lo staff di Nintendo che ha lavorato alla veste grafica della confezione del gioco è rimasto molto colpito dal livello di precisione dei dettagli forniti da
le protagoniste sono due gemelle . Nella versione per Wii, però, abbiamo dovuto “invecchiare” un po’ le due ragazze rispetto alla versione originale.

Iwata Asks
Iwata:

In effetti le gemelle sono molto diverse nelle due versioni.

Kikuchi:

Le abbiamo fatte crescere e abbiamo rimodellato la loro immagine, dall’abbigliamento alla struttura del viso. L’idea era passare da un look “tenero e carino” a un aspetto più adulto.

Shibata:

Kikuchi ha dato istruzioni molto precise, soprattutto in relazione alle espressioni del viso.

Kikuchi:

Sì, è vero. La mia preoccupazione principale era dare la forma giusta alle labbra.

Shibata:

È vero! Ormai sono dieci anni che Kikuchi-san è ossessionato dalle labbra delle nostre eroine. Al punto che il team ormai si lamenta: “No, le labbra no!”. (ride)

Iwata:

(ride)

Kikuchi:

Beh, sono convinto che, oltre agli occhi, anche la bocca svolga un ruolo fondamentale nella bellezza femminile.

Iwata:

Stiamo ancora parlando del gioco...? (ride)

Kikuchi:

Chiedo scusa! (ride) Un'altra cosa su cui Shibata ha insistito molto in questo gioco è l’aspetto delle spalline del vestito di una delle gemelle.

Shibata:

Beh, i vestiti sono abbastanza attillati, dunque abbiamo fatto in modo che le spalline, invece, si muovessero. Ho pensato che sarebbe stato più interessante vedere un lieve movimento mentre l’eroina corre, e poi in fondo è estate... Non so se la gente riuscirà a capire di cosa sto parlando.

Iwata:

Beh, credo che qualcuno capirà, qualcuno no. (ride)

Shibata:

In realtà dietro tutto questo c’è un ragionamento ben preciso. Nell’originale Crimson Butterfly avevamo utilizzato una “visuale a tre quarti”7, il che implicava che in molte scene i personaggi principali fossero visibili da davanti. In questo gioco invece abbiamo modificato l’angolo di ripresa in una

Video: visuale in terza persona

Una cosa che ricordo chiaramente della nostra conversazione su Spirit Camera è il fatto che lo staff di Nintendo che ha lavorato alla veste grafica della confezione del gioco è rimasto molto colpito dal livello di precisione dei dettagli forniti da
visuale in terza persona 8. La protagonista dunque è ripresa di spalle per gran parte del gioco. 7 “Visuale a tre quarti”: l’azione è ripresa dall’alto, con un’angolazione inclinata. La visuale è fissa, il pavimento viene mostrato in diagonale dalla parte anteriore a quella posteriore dello schermo. È il tipo di visuale usato nei primi tre titoli della serie Project Zero.8 Visuale in terza persona: visuale opposta a quella in prima persona (in cui chi gioca vede le stesse cose del personaggio che controlla), attraverso la quale il giocatore può vedere, in ogni momento, il personaggio che controlla. Nella visuale in terza persona la telecamera segue il personaggio, che dunque è ripreso di spalle. Questa visuale è stata usata anche nel precedente titolo della serie per Wii, Zero: Tsukihami no Kamen.

Iwata:

Ho capito. Questo significa che il protagonista dev’essere in grado di comunicare profondamente anche quando è ripreso di spalle.

Shibata:

Precisamente. Al momento di progettare l’abbigliamento della protagonista, dunque, ci siamo concentrati soprattutto sugli elementi visibili da dietro. E al centro dello schermo ci sono le spalle della ragazza. È per questo che abbiamo pensato fosse meglio inserire qualcosa che si muovesse, ed ecco perché le spalline sono diventate molto importanti.

Iwata:

Così il motivo per cui ha insistito tanto su questo punto è che pensava al modo migliore, dal punto di vista funzionale, di ritrarre visivamente il personaggio principale. Di primo acchito, però, sembra che fosse semplicemente molto interessato alle spalle della ragazza! (ride)

Tutti:

(ridono)

Iwata:

Per curiosità, nello staff che lavora alla serie Project Zero c’è qualche donna?

Kikuchi:

Sì, ce ne sono. Il numero varia a seconda del progetto, ma per questo titolo il designer che doveva coordinare la progettazione delle due gemelle era proprio una donna.

Iwata:

Non ha come l’impressione che gli uomini e le donne tendano a concentrarsi su aspetti diversi quando progettano un personaggio femminile?

Shibata:

Sicuramente ci sono delle differenze, soprattutto in termini di approccio all’incarico. Ma non credo che tali differenze si riflettano nel risultato finale.

Kikuchi:

Io credo che esistano delle differenze tra uomini e donne a livello di approccio alla struttura del viso dei personaggi. Alla fine, però, è Shibata a guidare il progetto, dunque il risultato non cambia.

Iwata:

A mio parere la differenza tra designer uomini e designer donne sta nel fatto che in testa hanno immagini diverse.

Shibata:

Beh, per quanto riguarda la progettazione degli abiti, ad esempio, magari le donne si chiedono se compreranno o no un vestito che hanno disegnato. Forse il criterio standard applicato è proprio questo.

Iwata:

Ah, capisco cosa intende dire. Le donne applicano una sorta di filtro, per vedere se i progetti rispecchino i loro standard personali. Non credo, invece, che gli uomini seguano questo ragionamento quando valutano se far muovere o meno la spallina di un vestito...

Tutti:

(ridono)